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Bochesmalas

domenica 29 gennaio 2012

Dark Entries: un breve viaggio tra le nebbie e i vicoli bui del post punk



Certe cose invecchiano bene (molte altre no...): il suono del primo post-punk inglese degli anni 80 ha retto molto bene l’inesorabile trascorrere del tempo e il rapido e disordinato succedersi di mode e tendenze. La musica derivata dalla mutazione genetica del primo punk è riuscita a sopravvivere nell’ombra per tanto tempo, in attesa di un po’ di attenzione da parte delle masse distratte e confuse, e già dal finire degli anni 90 ha cominciato a riprendersi il proprio posto nelle poltrone che contano del rock indipendente. Gruppi come i Placebo, i Killers, i Franz Ferdinand o gli stessi Muse hanno riaperto la cassaforte contenente i gioielli sonori degli anni 80 (new wave, post-punk e derivati) per tirarli a lucido e indossarli sopra abiti moderni, al passo con i tempi. Successivamente l’interesse delle giovani band si è spostato anche verso le zone d’ombra della dark-wave e i suoni più oscuri e malinconici; la storia tramandata ai posteri da entità come i Joy Division, i Sound, i Bauhaus, i Cure, i Mission, i Chameleons o i Sister of Mercy ha generato da una parte una nuova progenie di band underground nere come la pece, che vivono tutt’ora nell’ombra, e dall’altra una razza diversa, debitrice di tante caratteristiche genetiche dei genitori ma, al contempo, assolutamente al passo con i tempi. Una razza portatrice sana di quel velo di oscura malinconia, essenziale per distinguersi dalla massa, ma vestita con abiti nuovi, freschi e interessanti per le nuove generazioni di ascoltatori. Da questo parto sono venuti alla luce gruppi come gli Editors, Interpol, White Lies, She Wants Revenge, Pink Turns Blue, Children O., Ladytron, The National, Puressence, A.R.E. Weapons, Elefant, Dragons, Blacklist, Dirty Beaches, Iceage, Cinematics e tanti altri. Quasi tutti questi gruppi hanno dato una mano di vernice fresca (più grigia che nera) al vecchio manichino post-punk, rendendolo più gradevole alla vista del pubblico distratto e frettoloso, con una buona manciata di spezie pop. In alcuni casi (Editors e Interpol soprattutto) le classifiche hanno risposto al richiamo, in altri, nonostante il dispendio d’energia e suoni ammalianti, non ci sono stati troppi fuochi d’artificio, bandierine a festa e quattrini in banca.
In questo post voglio spendere qualche parola su tre gruppi nuovi: Dragons, Blacklist e Cinematics, e due vecchie glorie che ancora sopravvivono nel tempestoso mare dell’industria musicale: For Against e Sad Lovers and Giants.
Dragons



I Dragons sono di Bristol; si sono formati nel 2005 e hanno pubblicato un solo album: Here are the Roses nel 2007. Il suono proposto è un classico esempio di post-punk in versione anni 2000: un’anima malinconica e poetica ereditata dai padri ispiratori Joy Division (la bellissima Remembrance sembra quasi un brano inedito della band di Ian Curtis), ma anche Cure, Depeche Mode, primi New Order e i seminali Sound, e soluzioni moderne derivate dalla scena indie rock e da ripetuti ascolti dei prime movers del post-punk revival come Editors e Interpol. In ogni caso il suono di Here are the Roses è molto distante dalle tentazioni mainstream: Il disco è scuro, intenso e affascinante, carico di elettricità, bassi incalzanti e muri di chitarre minacciose oppure sognanti, ed è condito da generose dosi di dark-wave, elettronica e synth-pop.
Un capolavoro assoluto.








Blacklist


I Blacklist sono americani di New York, anche loro si sono formati nel 2005 (evidentemente una buona annata...); hanno inciso un album, Midnight of the Century nel 2009, e due ep. Il loro suono notturno, denso, potente e vibrante trae ispirazione sia dalle atmosfere post-punk che dalla scena shoegaze, dalla cold-wave e anche da certo alternative metal dalle tinte gotiche. La miscela delle varie influenze crea un risultato finale abbastanza originale e diverso dai soliti cliché: una via di mezzo tra l’introspezione melanconica e scura della tradizione post-punk e un suono potente e moderno che scavalca il muro, va oltre le barriere del genere, per poi ritornare sulla strada tracciata dai padri. In qualche passaggio pare d’intravvedere i gloriosi Mission, alcune volte la voce assume le stesse sfumature del Peter Murphy più maturo e ogni tanto si affaccia lo spettro di Andrew Eldritch dei Sister of Mercy (riveduti e corretti) ma sono solo momenti e sensazioni sparsi qua e la in un disco dalla forte personalità.
Da avere assolutamente.














The Cinematics

Tra i tre giovani gruppi presi in esame in questo post i Cinematics sono i più vecchi (la loro formazione risale al 2003 in quel di Glasgow, Scozia) e anche gli unici non più in attività: si sono sciolti sul finire dell’anno scorso e pare che non ci sia alcuna possibilità di rivederli all’opera. Del terzetto di giovani speranze sono anche quelli più noti al pubblico (il contratto con l’etichetta americana TVT gli ha portato una discreta notorietà e un buon numero di copie vendute) e anche quelli con il suono più accessibile, più vicino ai Killers, agli Interpol o a una versione leggermente virata verso il dark dei Kaiser Chiefs che ai Joy Division e loro derivati dall’anima nera e tormentata. Hanno inciso due bellissimi album: A Strange Education nel 2007 e Love and Terror nel 2009.
Non vorrei ripetermi...ma anche questi due dischi sono da non perdere, prima che spariscano per sempre dagli scaffali.










For Against

I For Against sono una band americana attiva sin dal 1984; si sono separati nel 1998 ma dopo qualche anno (nel 2002) fortunatamente hanno deciso di proseguire il cammino. Il sound che propongono è meno irruento di quello offerto dalle tre giovani band trattate qui sopra: pur rientrando senza forzature nella scena post-punk è sicuramente meno cupo e più assimilabile a certo shoegaze inglese di scuola 4AD e zone limitrofe e alle sognanti atmosfere del dream pop. Hanno inciso otto splendidi album caratterizzati da sonorità quiete e malinconiche, meravigliose melodie, richiami a certa new wave screziata da vibrazioni psichedeliche e da qualche decisa pennellata dark. L’ultimo gioiello creato dal trio del Nebraska è il bellissimo Never Been del 2009. Il disco migliore, e più dark e intenso, è il primo stupendo album Echelons.











Sad Lovers and Giants

I Sad Lovers sono i più vecchi del lotto: sono in circolazione dal 1980, si sono sciolti (nel 1983, nel 1991 e nel 2003) e riformati (nel 1986, nel 2002 e nel 2009) più volte nel corso della loro lunga carriera. Fanno parte, a pieno diritto, della lista dei nomi importanti della storia del post punk inglese e hanno creato svariate gemme di splendida musica alternativa. Il loro suono si distingue per la forte componente psichedelica e progressive, le tracce di folk, le chitarre arpeggiate e quasi mai distorte, i ritmi relativamente lenti, le tastiere sempre presenti che vanno a creare un’atmosfera densa e sognante, con una grigia malinconia a ricoprire il tutto. Lo spettro musicale delle loro composizioni non è molto diverso da quello dei Chameleons, forse solo leggermente più virato verso il pop, meno spigoloso e decisamente più tranquillo. Nel corso della loro carriera hanno pubblicato 9 album in studio, un live e due raccolte.





















Editors



The Back Room - 2005



An End Has a Start - 2007



In This Light and on This Evening - 2009



Interpol


Turn on the Bright Lights - 2002


Antics - 2004


Our Love to Admire - 2007


Interpol - 2010



White Lies

To Lose My Life -2009


Ritual - 2011



Per concludere questo viaggio nell'underground, segnalo la ristampa (finalmente!) di due album da non perdere assolutamente dei grandissimi The Sound:
Jeopardy


From the Lions Mouth 



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