L’occasione per parlare dei Lagwagon è gentilmente offerta dalla Fat Wreck Chords che ha dato alle stampe un succulento cofanetto con i loro primi imperdibili (e quasi introvabili, ormai) album; Putting Music in its Place è un boxset disponibile in due versioni: 5 cd con dvd live annesso e 5 lp, più un sette pollici, il dvd dal vivo e un poster. Purtroppo pare che la versione in vinile sia già esaurita, ma il ricco box di cd dovrebbe essere ancora disponibile...se fate in fretta e se avete ancora qualche soldo da parte (signor Monti, e i suoi tentacoli, permettendo...). Il box contiene delle meraviglie di hardcore melodico che sono in grado di nobilitare le collezioni di musica di qualsiasi appassionato; gli euro, invece, di nobile non hanno più niente, ammesso che ne abbiano avuto mai.
Quest’anno che sta per concludersi, nonostante il funerale dell’industria discografica sia stato già celebrato (e più di una volta), le ristampe ed edizioni speciali di dischi vecchi e nuovi sono saltate fuori in gran numero, come ranocchie nella stagione delle piogge.
Con i Lagwagon, in ogni caso, si va sul sicuro. In un periodo come questo, tra ristrettezze economiche e nubi minacciose all’orizzonte, la loro musica è una garanzia, non si sbaglia e non si rischia nulla.
Si sono formati con il nome Section 8 nel 1988 a Goleta, nella contea di Santa Barbara, in California. Nel 1990 il furgone che gli accompagnava in tour offrì il proprio nome (Lagwagon, appunto) alla band.
Il primo disco, Duh del 1992, è un pugno in faccia di skate punk e hardcore ad alto voltaggio, con tracce metal sparse qua e la, innumerevoli stop and go e l’embrione della grande ricerca melodica che verrà da li a poco (la splendida Angry Days, che vale da sola intere discografie di altre band). La grande voce del “piccolo” Joey Cape, gli intricati riff di chitarra di Flippin e Dewey e la sezione ritmica che corre e stacca sulla frizione nei momenti giusti donano una certa personalità alla loro interpretazione dell’hardcore. Certo, ci sono delle similitudini con i primi NOFX e altri gruppi dell’area Fat Wreck (gli Strung Out, ad esempio) ma poche altre band potevano (e possono) vantare un Joey Cape dietro al microfono.
Il secondo album, Trashed, viaggia sulla stessa falsariga del predecessore: duro, veloce e deciso, con le chitarre pulite e ancora più dure e la batteria spettacolare di Plourde; manca forse il brano di forte impatto come Angry Days, ma c’è in compenso la trascinante cover di Van Morrison, Brown Eyed Girl e gli spunti melodici acquistano maggiore spazio. Il disco nel suo insieme è più a fuoco; la band acquisisce maggiore esperienza e fiducia nei propri (grandi) mezzi, ma il bello deve ancora arrivare...
Hoss del 1995 è semplicemente uno dei migliori dischi di hardcore melodico di sempre (in compagnia di Suffer e No Control dei padri Bad Religion, di Punk in Drublic e White Trash dei NOFX, del primo mitico album dei Pennywise e di A Comprehensive Guide to Moderne Rebellion dei Good Riddance): è suonato divinamente e pieno zeppo di brani memorabili e trovate melodiche e strumentali da antologia. Violins è la perla dell’album.
Da questo disco il poi i Wagon raffinano ulteriormente la propria proposta, smussano qualche spigolo di qua e di là e consegnano all’ufficio brevetti le linee guida del loro stile, ormai affermato e riconoscibile anche a un ascolto superficiale. La voce di Cape cresce di disco in disco e, con essa, la capacità di comporre grandi canzoni che stanno in piedi anche senza montagne di watt, distorsori e velocità a rotta di collo (il disco acustico inciso da Cape in compagnia di Tony Sly dei No Use For A Name ne è un valido esempio).
I dischi successivi: Double Plaidinum e Let’s Talk About Feelings sono altri due gioielli di hardcore melodico di altissima qualità. In questi album la velocità e l’irruenza degli esordi calano sensibilmente, ma cresce notevolmente la qualità delle composizioni e l’abilità con le corde vocali di Cape.
Nel frattempo, tra un disco e l’altro dei Wagon, Joey Cape si diletta con i Bad Astronaut con i quali incide quattro dischi di spensierato pop punk e, soprattutto, con i folli Me First and the Gimme Gimmes in compagnia di Fat Mike dei NOFX con i quali si cimenta in un’infinita serie di cover di ogni genere ed epoca in versione punk rock.
I Lagwagon dopo Let’s Talk About Feelings pubblicano la raccolta di bsides e inediti Let’s Talk about Leftovers, anche questa di ottima qualità.
L’album successivo, Blaze del 2003, è ancora un buon lavoro, ma presenta qualche piccola crepa in diversi punti.
Nel 2005 il batterista Derrick Plourde, che aveva abbandonato la band da qualche anno, si suicida. I Lagwagon gli dedicarono un intero disco, Resolve, l’ultimo album finora inciso dai quattro californiani, un bellissimo disco, tra l’altro.
L’ultimo lavoro discografico pubblicato è l’ep I Think My Old Brother Used to Listen to Lagwagon del 2008.
Nello stesso anno Cape ha pubblicato l’ennesimo album senza il resto della truppa: Bridge. E ora, quando siamo ormai giunti agli ultimi colpi di coda di questo pessimo 2011, si attende un nuovo disco firmato Lagwagon, anche se della formazione originale è rimasto solo il cantante e il gigantesco chitarrista Flippin...e il resto della band è formato da reduci dei Rich Kids on LSD che, ormai, sono il partito di maggioranza.
La formazione attuale:
Joey Cape - voce
Chris Flippin - chitarra
Chris Rest (ex RKL) - chitarra
Dave Raun (ex RKL) - batteria
Joe Raposo (ex RKL) - basso
I dischi:
Duh! - 1992
Trashed - 1994
Hoss - 1995
Double Plaidinum - 1997
Let’s Talk About Feelings - 1998
Let’s Talk About Leftovers - 2000
Blaze - 2003
Live in a Dive - 2004
Resolve - 2005
I Think My Older Brother Used to Listen to Lagwagon - EP - 2008
Putting Music in its Place - Boxset - 2011
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