Gary Numan è tornato e lo ha fatto in grande stile con questo Splinter, un album eccellente che si candida ad essere uno dei migliori di quest'anno tormentato.
Per chi non lo conoscesse (spero non siano tanti) Gary Anthony James Webb ha scritto alcune delle pagine più memorabili della storia della musica alternativa, dapprima con i seminali Tubeway Army, autori di un travolgente e innovativo suono new wave-punk-synth pop, poi da solista proseguendo il discorso di destrutturazione e addolcimento della materia elettronica con risultati strepitosi e decine di canzoni entrate di diritto nella storia della musica moderna.
Dopo c'è stato l'inevitabile declino e la continua ricerca dell'identità perduta con risultati molto discutibili, in qualche caso al limite della decenza. Ma i grandi, si sa, riescono sempre a raddrizzare la schiena e a riprendere il posto che gli spetta nell'Olimpo, e Gary Numan non è stato da meno: dagli anni 90 ha ricavato una rinnovata ispirazione e la sua penna ha ripreso a scrivere cose importanti.
Dopo le schifezze immonde pubblicate a suo nome da metà anni 80 sino agli inizi dei 90, Gary Numan si è ripreso la scena con una serie di ottimi dischi, soprattutto Exile, Pure, Jagged, il live Scarred e il precedente Dead Son Rising del 2011.
Sicuramente si tratta di dischi molto diversi rispetto ai capolavori Tubeway Army, Replicas, The Pleasure Principle o Telekon; la musica è diversa, più moderna e oscura e più vicina alle atmosfere industriali care all'amico Trent Reznor, ma sempre di musica eccellente si tratta.
In ogni caso, dalla rinascita a oggi, la sua carriera è in continuo e inarrestabile sviluppo e la sua musica cresce con lui, con risultati sempre più sorprendenti
Splinter (Songs from a Broken Mind) decolla subito con la traccia iniziale I Am Dust, potente inno post industriale, carico di suoni intensi e urticanti, rumori e tappeti di synth, sopra i quali si erge la maestosa melodia. La splendida Here in the Black riesce a fare ancora meglio con le sue atmosfere oscure e pericolose, potente e aggressiva come la seguente Everything Comes Down.
Ma ci sono altre luci splendenti in questo mare di oscurità: la titletrack è un emozionante ed epico capolavoro di rara intensità; Lost è una stupenda e dolce ballata elettronica che riesce a toccare dentro; Love Hurt Bleed è potente e gelida con il suo ritmo incalzante e i fantastici ricami di synth; la lenta e ispiratissima Where I Can Never Be è semplicemente strepitosa.
Il compito di calare il sipario su questo bellissimo album spetta alla struggente My Last Days, lenta e notturna, si adagia su suoni ovattati e tastiere evocative e maestose che conducono in modo sublime verso l'ultimo dei 54 minuti e 50 di Splinter.
I suoni di questo disco sono spettacolari, grazie ad un'ottima produzione e un sapiente uso dell'elettronica come solo il Maestro riesce a fare; l'album è attraversato da una tensione crescente, scariche di synth analogico e distorsioni inquietanti.
Non ci sono cadute di tono, né riempitivi. Probabilmente è il suo miglior album da quando ha ripreso in mano le redini della sua creatura musicale e il posto d'onore nella scena alternativa.
Sicuramente si tratta di dischi molto diversi rispetto ai capolavori Tubeway Army, Replicas, The Pleasure Principle o Telekon; la musica è diversa, più moderna e oscura e più vicina alle atmosfere industriali care all'amico Trent Reznor, ma sempre di musica eccellente si tratta.
In ogni caso, dalla rinascita a oggi, la sua carriera è in continuo e inarrestabile sviluppo e la sua musica cresce con lui, con risultati sempre più sorprendenti
Splinter (Songs from a Broken Mind) decolla subito con la traccia iniziale I Am Dust, potente inno post industriale, carico di suoni intensi e urticanti, rumori e tappeti di synth, sopra i quali si erge la maestosa melodia. La splendida Here in the Black riesce a fare ancora meglio con le sue atmosfere oscure e pericolose, potente e aggressiva come la seguente Everything Comes Down.
Ma ci sono altre luci splendenti in questo mare di oscurità: la titletrack è un emozionante ed epico capolavoro di rara intensità; Lost è una stupenda e dolce ballata elettronica che riesce a toccare dentro; Love Hurt Bleed è potente e gelida con il suo ritmo incalzante e i fantastici ricami di synth; la lenta e ispiratissima Where I Can Never Be è semplicemente strepitosa.
Il compito di calare il sipario su questo bellissimo album spetta alla struggente My Last Days, lenta e notturna, si adagia su suoni ovattati e tastiere evocative e maestose che conducono in modo sublime verso l'ultimo dei 54 minuti e 50 di Splinter.
I suoni di questo disco sono spettacolari, grazie ad un'ottima produzione e un sapiente uso dell'elettronica come solo il Maestro riesce a fare; l'album è attraversato da una tensione crescente, scariche di synth analogico e distorsioni inquietanti.
Non ci sono cadute di tono, né riempitivi. Probabilmente è il suo miglior album da quando ha ripreso in mano le redini della sua creatura musicale e il posto d'onore nella scena alternativa.
Tracklist:
01.I Am Dust
02.Here in the Black
03.Everything Comes Down
04.The Calling
05.Splinter
06.Lost
07.Love Hurt Bleed
08.A Shadow Falls on Me
09.Where I Can Never Be
10.We're the Unforgiven
11.Who Are You
12.My Last Day
Mortal - Cooking Vinyl 2013
Formazione su Splinter:
Gary Numan - voce, tastiere
Ade Fenton - tastiere, missaggio, produzione, programmi
Robin Finck - chitarre
Steve Harris - chitarre
Tim Muddiman - chitarre, basso
Nathan Boddy - missaggio
Matt Colton - mastering
Josh Giroux - art direction
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