Gli Idles sono una band inglese di Bristol; hanno alle spalle due EP, "Welcome" del 2012 e "Meat" del 2015, e ora sono giunti al traguardo del primo album. Finora, a dire il vero, erano sfuggiti in qualche modo ai miei radar senza che ci fosse un valido motivo. Poi il caso ha voluto che questo "Brutalism" entrasse nel mio stereo ed è stato come un fulmine a ciel sereno.
Quest'album è una bomba micidiale, un qualcosa che risveglia i ricordi, fa muovere le gambe e ti riappacifica con il rock'n'roll. Nonostante la calura e i timpani pigri, "Brutalism" risveglia i sensi e lo fa brutalmente. Tredici tracce composte di materiale altamente infiammabile e pericoloso composto da atomi impazziti di punk, post punk, noise e indie rock.
Appena poggiata la puntina sul vinile prodotto dalla Balley Records si viene travolti dal ritmo sincopato, dalle chitarre dissonanti e dal basso pulsante di "Heel/Heal" che procede a velocità sostenuta, trainata dal ringhio di Joe Talbot. Urla e urgenza punk che fanno saltare dalla sedia.
I cinque (Joe Talbot alla voce, Lee Kiernan e Mark Bowen alle chitarre, Jon Beavis alla batteria e Adam Devonshire al basso) riscrivono la formula del punk con grande personalità e una forza travolgente decisamente fuori dal comune.
La seconda traccia, "Well Done", si muove tra NoMeansNo/Dead Kennedys e il punk del 77 inglese; un eccitante boccone indigesto assolutamente irresistibile. La terza freccia velenosa va a segno con "Mother", trascinante come un treno in discesa con i freni rotti. La successiva "Date Night" parte con piglio sperimentale un po' sulla falsariga di qualcosa dei primi The Fall poi s'impenna con il "solito" chorus micidiale. Il suono punk definitivo degli anni 2000.
Chiudono la prima facciata (tra le più belle e interessanti degli ultimi secoli) Faith in The City, accesa dalla strafottenza di un novello Johnny Rotten dietro al microfono, e "1049 Gotho".
Ma il secondo lato non è affatto da meno. A partire dal canto di guerra di "Divide and Conquer", e dall'ennesimo ritornello azzeccato che è stato sapientemente spalmato sulla trascinante "Rachel Khoo."
"Stendhal Syndrome" è lanciata dal solito basso corposo in una folle corsa con chitarre ruggenti e tamburi dopati.
"Exeter" ha un favoloso attacco punk 77 (qualcuno si ricorda The Briefs?) e qui l'istrionico cantante da il meglio di sé. Dopo la corsa di "Benzocaine" si arriva al basso martellante sul corpo sonoro sghembo e minimale di "White Privilege" che nel suo proseguo si accende con la "solita" entusiasmante accelerazione che accompagna il chorus.
Chiude degnamente il disco "Slow Savage", traccia evocativa, distesa sulle note soffici di un piano e su percussioni ovattate. I distorsori fumanti e sanguinanti si spengono e la canzone scivola lenta, notturna, senza scariche elettriche. "I'm the worst lover you'e ever had"
Album grandioso.
Tracklist:
01.Heel/Heal
02.Well Done
03.Mother
04.Date Night
05.Faith In The City
06.1049 Gotho
07.Divide and Conquer
08.Rachel Khoo
09.Stendhal Syndrome
10.Exeter
11.Benzocaine
12.White Privilege
13.Slow Savage
2017 - Balley Records
Nessun commento:
Posta un commento