A Guayaquil si lascia la terraferma per affrontare gli oltre mille chilometri di Oceano Pacifico che separano l’Ecuador dalle mitiche isole Galapagos; un arcipelago di 50 isole vulcaniche note principalmente per il lavoro di Charles Darwin con la sua teoria dell’evoluzione.
L’arrivo all’aeroporto “completamente ecologico” sull’isola di Baltra è un po’ complicato, perché, oltre ai normali controlli di sicurezza, qui c’è un’ispezione del bagaglio (precedentemente disinfettato all’esterno dal personale di bordo prima dell’atterraggio) per evitare che qualcuno importi semi, bacche, specie vegetali e/o animali. I bagagli a mano vengono aperti e manomessi a prescindere, mentre le valigie da stiva vengono ispezionate dai cani molecolari e aperte solo se il cane fiuta qualcosa.
Dopo aver superato questa lunga e laboriosa (ma necessaria) procedura si esce finalmente sotto il sole torrido delle Galapagos, a circa 35-40° all’ombra, se va bene. Subito si notano alcune iguane a passeggio nel terreno brullo dell’isola. Da qui si può decidere di scegliere come meta una delle due isole maggiori: Isabela o Santa Cruz. Quest’ultima dista solo una decina di minuti di ferry boat, per questo motivo è preferibile lasciarla come ultima meta prima della partenza. Isabela invece si raggiunge con un viaggio un po’ complicato e poco rilassante, ma ne vale assolutamente la pena. L’approdo all’isola più grande prevede il passaggio suddetto tra Baltra e Santa Cruz, una quarantina di chilometri di pullman per raggiungere il porto e quindi un piccolo taxi di mare per raggiungere la barca al largo, 2 ore e mezza di pesante navigazione accompagnati dal fetore immondo della nafta e dallo shakeraggio del Pacifico, quindi altro tratto in barchetta taxi e infine approdo a Isabela con ulteriore fila per controlli di sicurezza sui bagagli. Conviene fare questo percorso massacrante all’arrivo per non doverlo affrontare prima del momento della partenza con l’aereo da Baltra. In questo modo si ha il tempo di riprendersi dal trauma. È necessario tenere conto che l’arrivo alle Galapagos è anche abbastanza oneroso: bisogna sborsare 20 dollari prima di lasciare l’Ecuador, 100 dollari di tassa d’ingresso alle Galapagos una volta arrivati, 0,50 dollari a testa per l’attraversata da Baltra a Santa Cruz, 2 dollari per i due taxi barchetta tra Santa Cruz, barca e approdo a Isabela, e infine 10 dollari per l’ingresso a Isabela.
Devo ammettere che tra viaggio scassa stomaco e spese supplementari (oltre 130 dollari solo di tasse), l’arrivo alle isole di mr. Charles non è entusiasmante come si può immaginare. Bisogna anche mettere in conto che l’attraversata del tratto di Oceano tra le due isole porterà a una doccia imprevista di acqua salata sia gli umani (ma questo non è un grosso problema) sia il bagaglio (è questo potrebbe essere un problema se non si dispone di valigie completamente ermetiche e impermeabili).
In ogni caso superato il trauma e una volta liberatisi del contenuto del proprio stomaco si viene accolti dalla natura rigogliosa delle isole, con numerose specie endemiche vegetali e animali, crateri immensi e ogni altra bellezza naturale che si possa immaginare. Bisogna anche dire che non è tutto oro quello che luccica da queste parti, perché se è anche vero che in apparenza sembra tutto in sintonia con i desideri di madre natura e il suolo sembra apparentemente immacolato, dietro le facciate ben curate di locali e abitazioni civili si trovano piccole colline di spazzatura. Nelle Galapagos non ci sono ovviamente discariche e tutto ritorna via mare in Ecuador, ma dev’essere che qualcosa nel sistema non funziona a dovere. Poi c’è da aggiungere che non si può fumare in molti luoghi ma non manca affatto l’odore di nafta delle carrette che approdano anche in spiaggia o degli innumerevoli taxi a quattro ruote (che non sono elettrici come in Giappone ad esempio) che solcano i centri urbani. Ci sono tante contraddizioni in questo posto strano quanto affascinante. Ma si tratta di sottigliezze che non tolgono una briciola alla bellezza delle isole. Ovviamente l’aspetto più interessante riguarda l’incredibile fauna che scorrazza in lungo e largo per le isole. Si tratta di specie endemiche, uniche e assolutamente affascinanti. Qui abbondano iguane marine e terrestri, tartarughe giganti, sule dai piedi azzurri, pellicani, fregate, il mitico fringuello di Darwin, pinguini, albatross, leoni marini, squali e tanti altri animali. Solo per questo bisogna andarci. Oltretutto gli animali non hanno paura dell’uomo e, anche se bisogna stare a debita distanza e non bisogna dare loro da mangiare, capita spesso di trovarseli tra i piedi o nella stessa panchina. Può capitare di nuotare con i leoni marini, i delfini, le razze o i pinguini o di fare shopping al mercato del pesce in compagnia di pellicani, aironi, fregate e foche. Praticamente un paradiso terrestre.
Per quanto mi riguarda dovreste evitare (se ve lo propongono) il trekking al Vulcano Sierra Negra nell’isola Isabela, non perché non sia interessante in senso assoluto, ma due ore e mezza sotto il sole cocente (molto cocente) senza alberi (anzi uno c’è, a dire il vero) né ombra per vedere un bel cratere di venti chilometri mi sembra un po’ troppo. Ci sono isolette più interessanti da vedere anziché fare quel sentiero noiosissimo (gli stessi arbusti lungo tutto il tragitto e solo un paio di animali nelle cinque ore di cammino, tra andata e ritorno) lungo e ardente (40 gradi suonati e ustioni assicurate).
In ogni caso, anche se forse non si evince da questo mio testo, le Galapagos valgono qualsiasi sacrificio per essere visitate, pazienza per un po’ di pelle ustionata, un pezzo di stomaco lasciato sulla barca e un attacco di dissenteria prima della ripartenza. Queste isole garantiscono un’esperienza unica al mondo.
Nei prossimi post vedremo in dettaglio le due isole maggiori.
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