martedì 27 febbraio 2018

Sounds, visionary art and underground stories



Sounds...























Art...








































































































...and a little silly tale:


"Franz accese lo stereo. Il suo tempo non aveva più un perché; gli anni stavano volando via senza lasciare tracce sulla sua tela. I pennelli si stavano indurendo e la tavolozza era secca e sepolta dalla polvere come il Sahara all’ora di punta. Voleva, doveva, dare una scossa alla sua vita satura di vizi, ozio e noia. Non c’era più tempo. L’orologio correva, inseguito dal calendario.

La musica iniziò a scorrere lungo un tappeto di ricordi, emozioni lontane e qualche piccola scossa. Le note ritrovarono i propri recettori in silente attesa da tempo immemore nei meandri più reconditi della sua poltiglia grigia. Per un attimo le labbra s’inarcarono in un abbozzo di sorriso. I piedi seguirono il tempo e la birra seguì tutti loro lungo l’esofago. 
Poteva uscire e riprendere la vita per i capelli. Poteva salire in macchina e scivolare lungo le vie semi deserte della notte. Ma non lo fece. Troppo complicato. Troppo impegnativo. Senza una meta, senza una metà da condividere. I pensieri non trovarono un punto d’incontro, le esigenze erano diverse, le vite erano diverse. Non si ritrovava più dentro se stesso e forse neanche al di fuori. Almeno non più.
Il suono saliva d’intensità, potenza e volume. L’umore no, quello rimase invariato. Nonostante i decibel, la birra e le ombre della notte che danzavano tutt’intorno. Il freddo lo aveva circondato, la malinconia sedeva al suo fianco sul divano. 
La puntina scivolava tra i solchi del vecchio vinile alla ricerca di onde sonore che lo facessero riconciliare con il mondo, con il passato e, soprattutto, con il presente. Faceva di tutto per assecondarlo alla ricerca di immagini e storie sepolte. Ma niente. La luce era ancora lontana e i ricordi che affioravano erano dolorosi come lame. Non aveva più l’età per sopportarli né la voglia per combatterli.
Troppi errori, troppe cose da lasciare rinchiuse nel ripostiglio.
Aprì un’altra bottiglia, alla ricerca dell’ispirazione e della giusta nota che combaciasse con quei suoni. Ne buttò giù un lungo sorso. 
Accese il computer, batté un paio di tasti della tastiera un po’ a caso, un po’ con la speranza di trovare un qualcosa di interessante. ma finì tristemente su youPorn, come sempre. Prese in mano il telefono, ma la rubrica non era in sintonia con i suoi tormenti.
Mentre riponeva il telefono e chiudeva il portatile, spegnendo tutta la sua vivace euforia colorata, la puntina del giradischi arrivò a fine corsa. Si alzò per girare la facciata e per trovarvi qualcosa di meno scontato. Ma non era tempo di saldi e tutto quello che accadde era che tutto restò uguale, identico, a prima.
Forse avrebbe voluto una di quelle pornostar nel suo divano al posto della malinconia, ma forse no: poteva rischiare anche qualche brutta figura. Lo specchio non faceva altro che ripeterglielo tutti i giorni.
Si accese una sigaretta. Erano mesi che non fumava, ma con tutto l’alcol trangugiato in compagnia della malinconia, non poteva essere di certo quello un problema, sia per la sua salute sia per la sua precaria esistenza, già arrivata al punto di non ritorno. 
Era sull’orlo del precipizio. Nel bel mezzo del confine tra la vita e chissà cos’altro. Aveva già dato e forse aveva sbagliato bersaglio e obiettivi. la sua vita remava contro ma, forse, non gli dispiaceva neanche più di tanto. Almeno in certi giorni. E quello era uno di quei giorni, o meglio: di quelle notti.
Si alzò dal divano. Il disco girava ancora, non aveva neanche la scusa di doverlo far ripartire. Il bicchiere era pieno, non aveva necessità di rabboccare il liquido. La sigaretta ancora brillava nella penombra, non gliene servivano altre, per il momento. Prese il suo culo intorpidito e lo portò a fare quattro passi nei vari ambienti della casa. Giusto per far circolare il sangue e per far respirare i muscoli schiacciati dal peso dell’ozio.
Dato che c’era cambiò il disco per provare alcune variazioni sul tema. Ma aveva perso l’attimo fuggente. Il sistema non era ripartito, probabilmente aveva bisogna di un aggiornamento. La musica non aveva toccato le corde giuste, come altre, tante, volte era accaduto.
Camminò dentro le mura del suo regno decaduto, alla ricerca di un qualcosa che non sapeva neanche bene cosa fosse. Girò intorno a lungo a ritmo dei suoni delle casse. Ma la notte correva più veloce di lui.
Ci rifletté un istante poi decise di fregarla. Aprì la finestra. Si tirò sul davanzale con una certa fatica, un po’ a causa dell’alcol un pò perché il suo corpo non era al corrente di quello che stava facendo. Ma si tirò su. Guardò negli occhi la notte e le rade luci che ne schiarivano le ombre fitte. Disse qualcosa, ma non si percepì neanche una sola sillaba. Era sospeso nel vuoto al quarto piano e non sapeva bene perché. 
Poi seguì la voce e prese il ritmo. Si lanciò nel vuoto, deciso a porre fine alle tentazioni della malinconia e al rumore dei ricordi. Volò nel buio.
Ma sotto di lui passava il camion della raccolta differenziata. Era il giorno della raccolta dell’umido e l’atterraggio fu morbido. Maleodorante e viscido, ma decisamente morbido.

- Echecazzo! Non è giornata. - disse Franz, sputacchiando un buccia di banana rancida che si era ritrovato tra i denti nella foga del tuffo.
Il camion della spazzatura proseguì il suo cammino, incurante della presenza dell’ospite inatteso. E si allontanò nell’orizzonte."

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