martedì 20 giugno 2017

Yulin Dog Meat Festival



In questa coda di primavera rovente l’umanità, come sempre, sta dando il meglio di sé. Da una parte gli islamici che hanno dichiarato guerra al mondo intero con attacchi a scadenza quotidiana, dall’altra catastrofi di ogni genere (l’incendio in Portogallo, il grattacielo di Londra) e in mezzo la solita dimostrazione di crudeltà gratuita da parte di una buona fetta di esseri che definire umani suona un po’ come un’eresia.
Anche quest’anno, nonostante gli sforzi del nuovo segretario del partito comunista di Yulin, multe salate e divieti vari e assortiti, si terrà la solita fiera delle atrocità del “festival” della carne di cane di Yulin, nella remota provincia cinese di Guangxi. Non sono bastati gli oltre dieci milioni di firme raccolte in tutto il mondo, le proteste formali da parte di governanti occidentali e delle associazioni animaliste, e il coraggio degli stessi cinesi, o almeno di una buona parte di essi, che nel corso degli anni hanno rischiato la galera se non la morte per aver manifestato il proprio dissenso. Eh si, anche nella grande Cina si sono mosse le coscienze. In tanti possiedono animali domestici e in tantissimi non accettano più il crudele e insensato massacro di Yulin.
Eppure pare tutto inutile. La comunità di quella città infame continuerà a lordarsi del sangue di creature innocenti, rapite dalle famiglie, nei cortili, finanche dentro le abitazioni, scuoiate e bollite ancora in vita per il sommo gaudio di una grande massa di bestie feroci che per assurdo si ritengono ancora umane. Cinque milioni di bastardi criminali, uno più uno meno, questa è la popolazione di Yulin.

Qualcuno obietterà ancora oggi che non c’è differenza tra la vita, la morte e la carne dei nostri bovini e suini e i cani cinesi. E invece, per quanto non sia “piacevole” ed eticamente corretto il trattamento subito dai nostri animali da allevamento destinati al macello, la differenza c’è, eccome. Guardatevi qualche video su YouTube e trovate le differenze. Non si vince niente in questo caso, ma a chi le trova gli si torcerà l’anima senza alcun dubbio.
Di certo anche noi non scherziamo in quanto a crudeltà e violenza cieca: gli allevamenti intensivi sono spesso dei campi di sterminio degni del peggior regime nazista. Ma la violenza criminale che si scatena in quel di Yulin in occasione del solstizio d’estate non è assolutamente paragonabile con quanto avviene in occidente. Dai noi le leggi ci sono si tratta solo di farle rispettare. Per quanto mi riguarda io non approvo neanche il metodo occidentale “eticamente corretto” e la carne la lascio volentieri nei banchi frigo dei macellai, ma è innegabile che si tratta di cose e morti diverse.
Il “festival” di Yulin non è un’antica tradizione rurale: è una fottuta roba recente. Anche se, a dire il vero, in Cina i cani e i gatti li hanno sempre mangiati; è il “dog meat festival” che non ha radici nella storia e che non dovrebbe esistere proprio.
Eppure qualche segnale c’è stato: il succitato segretario del partito, tale Mo Gongming, ha imposto il divieto di vendita di carne di cane nella sua provincia pena una sanzione che può arrivare oltre i 10.000 dollari e anche all’arresto in taluni casi. A Taiwan queste misure sono già effettive in tutto il territorio nazionale a partire dall’aprile di quest’anno. Ma a Yulin il discorso è differente: non basteranno la minaccia di sanzioni né la mobilitazione internazionale per fermare il business infernale. La fiera delle crudeltà avrà luogo anche stavolta. Il sipario si sta già alzando. 
Ma purtroppo non è l’unico luogo del mondo dove avvengono simili porcherie; in tutto l’oriente si mangia carne di cane e, in generale, qualsiasi cosa che respiri o si muova. Anche se in molte nazioni questa usanza patologica sta cambiando in qualche modo, o se non altro, si sta ridimensionando. La cosa assurda però è che anche i figli di Samsung della “civilissima” Corea del Sud, in estate, hanno il loro maledetto “festival della carne di cane”: il terrificante “Bok Nal” che forse non possiede i numeri di Yulin (beh, si sa: in Cina fanno sempre le cose in grande) ma in quanto a pura crudeltà non scherza affatto.
Per quanto mi riguarda io ho deciso di non acquistare più nessun prodotto coreano, per quelli cinesi invece è più difficile perché tutto è made in Cina, ormai. Ma farò il possibile per evitare anche quelli finché non cambiano davvero le loro leggi e soprattutto le loro usanze di merda.

In conclusione avrei potuto augurare la stessa fine di quei poveri cani e gatti a tutti gli avventori del festival e in modo particolare a tutti i responsabili della filiera dell’orrore: dai rapitori, agli aguzzini che si occupano della prigionia e del trasporto, ai mercanti, ai macellai e ai cuochi. Avrei potuto, ma ho deciso di non farlo...


Fuck Yulin.

Inizialmente volevo fare un post senza parole, perché pensavo che non servissero. In un secondo tempo avevo deciso di escludere le immagini, perché sono pesanti e brutali anche solo da sbirciare. Infine è venuto fuori questo ennesimo articolo pressoché identico a quello degli anni scorsi, con le stesse parole e più o meno le stesse immagini. Ho messo insieme buoni e cattivi (più questi ultimi a dire il vero): chi lotta per salvare gli animali e chi gli tortura sadicamente.
Tutto questo non ha senso. La stessa città di Yulin non ha senso...Se questa è l'umanità faccio domanda per cambiare specie.































































































































Nessun commento:

Posta un commento