giovedì 5 gennaio 2017

Top Ten 2016 - Readers' Poll

Di seguito ho ripostato le recensioni, pubblicate nel corso dell'anno, dei primi 10 dischi del 2016. L'occasione per farlo è il lancio del referendum riservato ai lettori per votare il loro disco dell'anno, dato che il mio l'ho già espresso ed è "Heartless" dei Bestial Mouths. Votate, se volete, utilizzando il Gadget apposito dislocato in alto nella colonna di destra del blog. I dischi selezionati sono questi qui sotto, quelli della Top Ten dell'anno. Lo so che in molti avrebbero preferito altri dischi e altri autori, ma la decisione ormai è presa. C'è tempo sino al 16 Gennaio per votare...Comunque non si vince un cazzo.

01.BESTIAL MOUTHS - HEARTLESS



Il nuovo album dei Bestial Mouths è stato a lungo uno degli oggetti più attesi e desiderati di questa prima parte del 2016, ma solo chi li conosce può sapere perché. Ora finalmente la nuova creatura della band di Los Angeles si è materializzata in un bel vinile trasparente e in versione digipack a cura della Cleopatra Records.
"Heartless" riprende il discorso lasciato con il succulento antipasto offerto dal singolo "Down To The Bones" sul finire dell'anno scorso. In queste nuove 10 tracce la ciurma guidata dalla carismatica Lynette Cerezo riesce ancora una volta a superarsi, affinando ulteriormente la già rodatissima e irresistibile macchina sonica che aveva dato alla luce l'eccellente l'album omonimo del 2013, lo split con i Deathday, l'album d'esordio "Hissing Veil" e una svariata serie di leccornie sotto formato di singoli, live e remix.
Ancora una volta la magnifica voce di Lynette guida e ipnotizza l'ascoltatore un viaggio in territori oscuri e pericolosi, sospinta da suoni potentissimi, originali ed eccitanti come pochi altri. Nella musica dei Bestial Mouths convivono splendidamente la ruvida maestosità industriale, scorie post-punk, new/no wave, gothic rock, sperimentazione, power electronics e una buona dose di fascinosa follia. Del resto, con quella voce che sta nel bel mezzo tra Diamanda Galas e Siouxsie Sioux, la Cerezo potrebbe fare di tutto e i torridi synths di Myrich e Aldena la seguono magnificamente in ogni sua fuga, anche nel più terribile girone infernale.
Anche in questo disco, come è solita fare spesso, la band riprende alcuni brani dai lavori precedenti (Ceased, Earth e Faceless da "Bestial Mouths" e i due brani del singolo "Down To The Bones) riadattandoli magicamente alla nuova atmosfera di "Heartless."
Ma anche se le nuove versioni sono ancora meglio di quelle precedentemente pubblicate, sono soprattuto le tracce nuove di zecca a funzionare alla grande come la doppietta piazzata in apertura con "Greyed" e "Heartless" o la bellissima "White Eyes" che chiude nel migliore dei modi l'album.

02.RITUAL HOWLS - INTO THE WATER



I Ritual Howls sono una band di Detroit composta da tre elementi Paul Bancell, voce e chitarra, Ben Saginaw al basso e Christopher Samuels ai synth, drum machine ed effetti sonori. Questa meraviglia che risponde al titolo "Into The Water" è il loro terzo lavoro dopo l'esordio omonimo del 2013 e il fantastico "Turkish Leather" pubblicato due anni fa. Anche questo disco come i precedenti è rilasciato dalla Felte di Los Angeles, più che una garanzia dato che il suo catalogo nel corso degli anni è diventato talmente ricco di grandi dischi da costituire una sorta di piccola-grande enciclopedia del post punk del nuovo millennio (Sextile, Gold Class, Eeras, i nostrani Soviet Soviet solo per citarne qualcuno). 
In queste nuove nove tracce i Ritual Howls propongono quanto di meglio si può fare con la materia post punk nel 2016, che in questa occasione è arricchito da qualche eco industrial, qualche chitarra morriconiana e un po' di country western in salsa gothic. L'impatto con quest'acqua oscura e torbida non lascia scampo: sicuramente uno dei migliori dischi usciti quest'anno.

03.SOVIET SOVIET - ENDLESS



"Endless" è il secondo attesissimo album dei Soviet Soviet. Il nuovo disco giunge sugli scaffali a tre anni di distanza dal capolavoro "Fate", pubblicato sempre per l'americana Felte. Nei mesi scorsi c'era stata anche una succulenta serie di ristampe che ha ridato lustro e visibilità (e soprattutto lussurioso vinile) ad altri due eccellenti dischi della band pesarese: "Nice" e "Summer, Jesus", il primo era stato rilasciato originariamente dall'etichetta italiana Tannen records su cd nel 2011 e conteneva l'ep omonimo e l'ep "No Title", autoprodotti, risalenti al 2009; il secondo era stato pubblicato anch'esso nel 2011 dalla stessa etichetta veronese in formato digitale.
Il nuovo album prosegue l'inarrestabile cavalcata in progress del trio (Alessandro Costantini, chitarra, Alessandro Ferri, batteria, e Andrea Giometti al basso e voce) con risultati eccezionali. L'evoluzione del power trio italico ha fatti sì che il potente suono post punk, pur sempre fedele alle proprie radici, si sia arricchito di spessore, colore e calore e di un'ottima vena melodica. Già l'apertura con "Fairy Tale", basso corposo, sezione ritmica martellante e chitarre ricamate splendidamente, potrebbe essere sufficiente a collocare l'album tra i pezzi migliori sfornati in questo 2016. Ma "Endless" ha molto altro da offrire peri timpani esigenti che non si accontentano della solita sbobba sonora: il singolo "Endless Beauty", la favolosa "Remember Now" e "Going Through" sospinta da un basso dopato e da scariche elettriche irresistibili per poi sfumare in una seconda parte più melodica e psichedelica, costituiscono un trittico invidiabile. Per non parlare di una bomba sonora come "Pantomime."
Tuttavia ritengo sia inutile stare lì a passare al pettine la scaletta, queste 9 tracce sono quanto di meglio c'è a disposizione nel panorama musicale indipendente per trascorrere una quarantina di minuti goduriosi. Post punk, indie pop, wave e shoegaze amalgamati con cura per un risultato che non teme confronti con niente e nessuno.

04.FRUSTRATION - EMPIRES OF SHAME



Ancora non riesco a capire come abbiano fatto a sfuggire alle mie orecchie questi Frustration. Ed effettivamente è frustrante passare ore, giorni, mesi e anni a setacciare l'underground come un segugio dopato e nonostante questo impiegare una decina d'anni per scoprire una band non più giovanissima. I Frustration non sono in giro da qualche giorno sono anni che calcano la scena in quel di Parigi, ma sono giunti ai miei timpani solo adesso in occasione della pubblicazione del loro capolavoro assoluto: questo "Empires of Shame" fresco di stampa.
Devo dire subito che se è vero che si tratta del loro disco migliore è altrettanto vero che quest'album è una delle cose migliori udite nel corso di quest'annata.
La band si muove tra le ombre del post punk d'annata (Warsaw, Wire, The Fall, tanto per citare loro stessi) senza però fare la solita copia in ciclostile. I Frustration hanno personalità, inventiva e tante frecce al proprio arco. Pescano dalla new wave, dalla coldwave, dal synth punk, dagli anni 80 come dal presente e lo fanno dannatamente bene. La traccia "Arrows of Arrogance" addirittura si tinge meravigliosamente di neo folk.
Grande disco, grande band.

05.DUCHESS SAYS - SCIENCES NOUVELLES



Come sempre accade da queste parti a fine dicembre le ultime recensioni sono riservate ai migliori dischi dell'anno, quando mi dedico a smaltire gli arretrati prima dei botti di fine anno. Non fa eccezione questo disco, trovato per caso tra le pile di file non ancora aperti.
Science Nouvelles è il titolo del nuovo album dei Duchess Says, band di Montreal in attività dal 2003. Questo disco è stato preceduto dagli album "In A Fung Day T!", pubblicato nel 2011, e "Anthologie Des 3 Prechoirs" del 2008. Questi due primi dischi non li conosco (cercherò di rimediare al più presto possibile) ma ho avuto la fortuna di sentire questo nuovo. Perché trattasi di un album assolutamente micidiale, una bella botta per svegliarsi e, soprattutto, per digerire tutti i pasti extra large di queste feste. I quattro canadesi del Quebec offrono come digestivo un superbo concentrato di electro punk che profuma di 77 e anni 80 ma possiede un piglio moderno e sperimentale niente affatto male.
Con un largo uso di tastiere e l'apporto fondamentale della keytar (la tastiera da spalla, come una chitarra), ritmi sintetici, chitarre distorte e un'inventiva fuori dal comune, piazzano 10 tracce bellissime tra le quali spiccano le atmosfere cangianti, elettriche e oscure, quasi dark punk di Negative Thoughts,  la notturna I'm an Idea, puro post punk carico di tensione e sospinto da un ritmo entusiasmante, il furioso assalto hardcore punk di Pink Coffin, piacevolmente sporcato da rumori molesti, le due splendide Inertia poste in apertura, caratterizzate da un'andatura new wave-no wave-electro a dir poco stupefacente, e le contorsioni sperimentali e abrasive della traccia di chiusura The Family Physicians.
In conclusione, nonostante le coraggiose e riuscitissime scelte sperimentali che corrono lungo tutta la scaletta, e soprattutto nelle due tracce strumentali Poubelle e Talk in Shapes, il disco si fa ascoltare che è un piacere, un gran piacere.
Da collocare tra i migliori dischi del 2016.

06.ALARIC - END OF MIRRORS



Il nuovo lavoro degli Alaric, band proveniente da Oakland, da sempre una delle mie preferite con il loro nerissimo ibrido Doom-deathrock-metal-(post)punk. Dopo un 7 pollici, lo split con un'altra grande band (gli Atriarch) e lo splendido album omonimo del 2011 sono pronti a rilasciare "End of Mirros" che sarà disponibile nel prossimo Maggio in formato tape per la Sentient Ruin e su cd, vinile e in formato digitale per la Neurot Recordings. Da non perdere...

07.DARK BLUE - START OF THE WORLD



Dopo il monumentale "Pure Reality" del 2014 e una manciata di singoli formidabili (riuniti nel disco Red/White, edito dalla Adagio830) è giunto il tempo del secondo album per i Dark Blue di mr. John Sharkey III, Andrew Mackie Nelson e Michael Sneeringer. Il nuovo nato si intitola "Start Of The World" e decolla subito nel miglior modo possibile con il trittico d'apertura Union of Buffoons, Be Gone Everyone (finora la canzone più bella del 2016, a mio parere), Never Wanted To Hurt You. A questo punto si potrebbe già chiudere questa sorta di inutile micro-recensione e andare tutti ad acquistare, ascoltare o rubare l'album, perché di materiale di questa levatura in giro per il mondo, credetemi, non è che se trovi poi così tanto. "La colonna sonora degli USA in decadenza" mantiene le promesse sino in fondo con melodie strepitose, liriche urticanti decantate dalla grandiosa voce di Sharkley III e un muro di suoni potenti quanto minimali. Il cocktail della premiata ditta Dark Blue è composto, come sempre, da materie di prima qualità: punk, post punk, pop, surf e rock che, probabilmente, in "Start Of The World" raggiungono la perfezione sia per quanto riguarda la coesione dei vari elementi e sia, soprattutto, per la qualità del risultato finale.
Da non perdere.

08.TERMINAL GODS - WAVE / FORM



Dopo una lunga serie di EP e singoli i Terminal Gods danno alla luce il primo album, intitolato "Wave / Form." Il nuovo disco esce quasi in contemporanea con la raccolta di singoli ed EP " Outlaw Love: Five Years Outside The Law", formando un'ottima accoppiata da non lasciarsi sfuggire.
La band londinese è riuscita in questi cinque anni di vita a costruirsi un proprio suono, sicuramente debitore degli 80's, del post punk storico, del gothic rock come di certa wave, ma l'approccio alla materia ha sicuramente una forte impronta personale.
"Wave / Form" si apre alla grande con la scarica elettrica di "Shockwave", potente ed energica quanto coinvolgente nel contrasto con il robusto ritmo dark punk, il lavoro di rifinitura dei synth e il gran dispiego di melodie e cori, vero marchio di fabbrica di casa Terminal Gods.
Il disco decolla definitivamente con la successiva "Changing The Guard" e non lo ferma più nessuno: questa canzone con le sue chitarre da corsa e la melodia penetrante come un martello pneumatico s'insinua nel cranio e non ti lascia più.
La scaletta è quanto mai varia e interessante; si trovano tracce più sintetiche e minimali come "Connection & Rupture", momenti più riflessivi e oscuri come nella più soffice ma inquieta "Monolith", una ballad notturna e sinuosa. Ma sono ancora le canzoni dove il ritmo cresce a lasciare il segno come il garage punk vibrante e vorticoso di "Discovery" o la meravigliosa e irresistibile "Electric Eyes". 
Il disco si chiude con altre due perle: i fuochi d'artificio vocali di "Cold Life" e la tenebrosa "Hey Day", lenta e ipnotica con la quale cala il sipario su uno dei dischi più belli e interessanti di questo tormentato 2016.

09.POP.1280 - PARADISE



Dopo due album stratosferici (The Horror e Imps of Perversion) i Pop.1280 salgono sino al paradiso con il terzo lavoro, ancora una volta a cura della Sacred Bones.
Rispetto alle delizie sonore dei precedenti capitoli la band newyorkese si diverte a complicare ulteriormente i propri spartiti, spostando il baricentro sulla componente industrial-elettronica con gran dispiego di synth e samples.
Tra i solchi di "Paradise" si respira un'aria malsana, cupa e opprimente ma, al contempo, elettrica ed elettrizzante. Perché se da un lato i quattro della grande mela hanno leggermente sfumato la componente post-punk-new wave-garage in favore di un impatto a volte non troppo distante alla techno-Ebm, dall'altro l'anima selvaggia e aggressiva del loro sound scorre ancora come un fiume in piena. Nel loro sound è ancora ben presente l'ossatura noise-industrial che farà apprezzare il lavoro dei 1280 abitanti dai nostalgici di Jesus Lizard, Cop Shot Cop, Big Black e compagnia urticante. Come anche troverà pane per i propri denti chi si nutre dei vecchi dischi dei DAF, Suicide o Cabaret Voltaire, ovvero tutto ciò che è nato agli albori dei primi amplessi tra punk ed elettronica. Ma nel disco c'è molto di più: c'è il dark ambient della titletrack, l'inquietante nenia post-industriale "Rain Song", sporcata da rumori e un leggero soffio esotico, l'elettro-rock di "The Last Undertaker" che, come un coitus interruptus, pare decollare da un momento all'altro e non giunge mai a conclusione, ma lo fa in modo meraviglioso. Chiude il disco il deflagrante synth-punk di Kingdom Come, epica e marziale, condotta all'attacco dalle urla di Chris Bug.
Ma la sua parte migliore "Paradise" è la prima, con i cinque proiettili sparati in apertura a partire dal primo Pyramids on Mars, brano oscuro e gotico che sanguina come uno dei gioielli dei Bauhaus dei primi dischi, sino alla nevrotica ed elettrica USS ISS.

10.OKKULTOKRATI - RASPBERRY DAWN




Degli Okkultokrati dovreste sapere già quasi tutto se bazzicate da queste parti anche solo saltuariamente, dato che la band di Oslo qui è di casa. In ogni caso questi cinque folli norvegesi hanno da offrire una bestiale miscela di black metal, punk e hardcore e rock'n'roll, senza rinunciare a scorribande ambient e industrial giusto per disorientare un po' l'ascoltatore distratto. L'atmosfera del disco è oscura, dannata e pericolosa come si conviene da una band che proviene da quale gelide lande, ma l'energia e l'adrenalina non mancano affatto, anzi tutt'altro: le schitarrate hardcore e le impennate di ritmo rendono il disco assolutamente irresistibile. Il loro blackened rock'n'roll non può lasciare indifferenti se come me anche voi dal rock pretendete la giusta dose di malvagia violenza. "Raspberry Dawn" è un gran bel disco: "brutto, sporco e cattivo" come dovrebbe sempre essere un disco rock.

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VOTA ANTONIO



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