martedì 15 luglio 2014

Lana Del Rey - Ultraviolence


Preceduto da una marea di singoli (West Coast, Shades of Cool, Ultraviolence, Brooklyn Baby, più che di "singoli" si è trattato di un'orgia vera e propria) e prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys, siore e siori, ecco a voi il nuovo album di Lana Del Rey, ovvero miss Elizabeth Woolridge Grant.

Ognuno ha le sue debolezze: c'è chi si guarda le telenovelas di nascosto, tra un horror e l'altro; c'è chi canticchia i Ricchi e Poveri sotto la doccia prima di andare al concerto degli Agnostic Front; c'è chi si legge Harry Potter nello spazio morto tra un libro di Majakovskij e uno di Mishima; e c'è chi, come me, non riesce a resistere alle melodie mielose e conturbanti di Lana Del Rey, anche subito dopo aver ascoltato un disco dei Napalm Death, come mi è successo proprio ora, in diretta.
Perché lei e non Madonna, Augilera, Adele o Beyonce? Beh, perché la Lana riscalda di più: le atmosfere noir, calde e morbose, con quel leggero velo dark, e il pathos che riesce a creare con le sue corde vocali, vanno a toccare i recettori giusti, senza alcuna via di scampo.
Mi era già successo con "Born To Die" e ora l'evento straordinario si è ripetuto: Ultraviolence ha i numeri giusti per addolcire le serate dopo un intero pomeriggio trascorso ad ascoltare punk, death metal e grindcore. Senza vergogna.
In passato avevo già avuto una malattia simile con i primi due dischi di Kim Wilde (Kim Wilde e Select) e successivamente, con le dovute differenze e il dovuto rispetto per un'artista di ben altro livello, anche con Suzanne Vega (Solitude Standing e 99.9 F° li ho ascoltati sino allo sfinimento).
Di sicuro questo secondo (o meglio terzo, se consideriamo "Lana Del Rey A.K.A. Lizzy Grant" del 2010) album è meno leggero e facile rispetto al suo ottimo predecessore. Già l'iniziale "Cruel World" con i suoi quasi 7 minuti di note soffuse e irrequiete, sostenute da tamburi minacciosi, fa intendere che la cantante americana si stia spingendo sempre più verso il territorio indie-alternative.
Nel proseguo dell'ascolto si fa conoscenza di altri piccoli-grandi gioielli come la titletrack, Brooklyn Baby, Pretty When You Cry, Fucked My Way Up to the Top e Old Money. Tutte canzoni che, come era avvenuto nel disco precedente con Blue Jeans, Born to Die, Video Games o Summertime Sadness, ci tormenteranno l'anima per lungo tempo. Ma rispetto a quel disco qui non ci sono quei brani ruffiani  a base di pop-hip hop-dance da supermercato come Off To The Races o Diet Mountain Dew; e in effetti quelli è meglio lasciarli a Beyonce o all'Aguilera.
Un'ultima cosa da aggiungere per chi à interessato all'acquisto è che, come è successo con "Born to Die," anche con questo disco si può tranquillamente evitare la più costosa versione deluxe con le tre bonus tracks che non aggiungono assolutamente nulla al valore del disco.
Per gli altri (quelli che non sono affetti da questa malattia) è più salutare evitare il disco in toto e cercare qualcos'altro.
Io, invece, non ho scelta: continuerò ad ascoltarlo sino all'exitus...Un gran bell'album, ma non ditelo troppo in giro.

Tracklist:

01.Cruel World
02.Ultraviolence
03.Shades of Cool
04.Brooklyn Baby
05.West Coast
06.Sad Girl
07.Pretty When You Cry
08.Money Power Glory
09.Fucked My Way Up to the Top
10.Old Money
11.The Other Woman

Bonus Tracks - Deluxe Edition:

12.Black Beauty
13.Guns and Roses
14.Florida Kilos

Bonus Track - iTunes Special Edition:

15.Is This Happiness

2014 - Interscope Records - Polydor

Prodotto da: Dan Auerbach























5 commenti:

  1. A chi non piacerebbe avere una fidanzata come Lana!

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  2. Beh, si...chiù Lana pe' tutti!
    A parte le cazzate, questo è proprio un bel disco: un po' di sano pop ogni tanto non guasta!
    Ciao fratello

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  3. non solo top delle tope, ma ora anche top dei top a livello musicale :)
    ultraviolence è un ultradisco, un bel passo in avanti rispetto al già buon lavoro precedente.

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  4. Assolutamente d'accordo con te, cannibale!

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