venerdì 6 dicembre 2013

Dischi e discoboli - terza parte





Terza parte: lo sdoppiamento della personalità.

I dischi sono come le ciliegie: uno tira l'altro. L'unico problema è che costano di più e se è vero che saziano la fame (o meglio l'ingordigia) di collezionisti e appassionati al limite del patologico (io sono già in cura) è altrettanto vero che non riempiono lo stomaco, e di questi tempi questo non è un particolare di poco conto.
Ma, nonostante le malattie e le relative terapie più o meno efficaci, la crisi del capitalismo in via di putrefazione e i portafogli agonizzanti, qui ci sono una nuova sfilza di dischi nuovi o semi nuovi: Joanna Gruesome, Calabrese, Pestilence, Framtid, Soviet Soviet (di quest'ultimo troverete solo un accenno, dato che non si è ancora presentato alla porta) pubblicati in questi mesi e Hygiene e Dishammer risalenti a un paio di anni fa.
Fortunatamente per voi (e per me) questa è l'ultima parte di questa specie di mega-condono che ha interessato una ventina di album e i loro autori. Come ho scritto nelle precedenti puntate, i dischi sono riuniti qua senza alcuna logica e senza tenere conto delle differenze di genere musicale. Si tratta semplicemente di 24-25 album che già da qualche tempo attendevano pazientemente il loro turno con il numeretto in mano, e ora è arrivato il momento di farli apparire sul display.

Anche in questo caso penso che sia molto difficile che tutti i dischi infilati in questa scatola di sardine piacciano agli eventuali lettori coraggiosi. Forse non è normale ascoltare sia i Joanna Gruesome sia i Dishammer, tanto per citarne due a caso, oppure Anna Calvi e i Fukpig, come si può leggere nella prima parte di questo scempio musicale. Ma, per quanto mi riguarda, non è facile riuscire a controllare i disturbi della personalità e i problemi con il mio lobo temporale. Quindi non posso fare a meno di aggiungere altre verdure al minestrone, peccato che "Annuška ha rovesciato l'olio."

Buon appetito.




Dishammer



Stavolta si parte con due dischi non recentissimi: i colpevoli sono gli spagnoli Dishammer e il corpo del reato è costituito dall’EP “Under the Sign of the D-Beat Mark” e dall’album “Vintage Addiction,” rispettivamente del 2010 e del 2008.
Se si conosce l’argomento il titolo dell’Ep dovrebbe già svelare il mistero su che tipo di suoni sono prodotti da questa band. Per chi, invece, non è avvezzo alla musica estrema a bassissima gradazione melodico-commerciale, il rebus si risolve in questo modo: I Bathory di Under the Sign of Black Mark uniti in un coito molesto con il D-beat, ovvero il virulento hardcore punk allevato in casa Discharge. I Dishammer, infatti, rientrano in quella oscura sotto-categoria del più profondo underground denominata Blackened Crust.
Alla ricetta base aggiungono riferimenti thrash e pre-black metal come i Venom dei primi seminali dischi (Black Metal e Welcome to Hell), oltre ai Bathory e ai Motorhead.
L’album è una bella botta: crudo, grezzo e potente, ma l’EP è assolutamente devastante; con 7 brani micidiali che attingono in egual misura sia dal black metal più ruvido e feroce, sia dal catalogo Crust Punk-Hardcore-D-Beat.
Purtroppo pare che i Dishammer non siano più tra noi su questa terra e, quindi, nessun nuovo disco vedrà sorgere l’alba. Amen.








Calabrese


I Calabrese, invece, sono vivi e vegeti e il nuovissimo “Born With a Scorpion’s Touch” è qui a testimoniarlo. I tre fratelli Jimmy, Davey e Bobby Calabrese provengono da Phoenix, Arizona, e sono giunti al quarto album dopo i fenomenali “13 Halloweens” e “The Travelling Vampire Show” e il più che buono “Dayglo Necros” dell’anno scoro.
Qualora non lo si fosse capito dai titoli il genere proposto è l’horror punk, ma in salsa calabrese: i testi sono intrisi di sangue, vampiri, diavoli, mostri e tutto ciò che riguarda l’immaginario horror, ma sono immersi in fiumi di melodia piccante, con forti richiami agli anni 50, tantissimo rock’n’roll allo stato brado, molto humor e un’atmosfera decisamente poco oscura e men che meno inquietante. In “Born With a Scorpion’s Touch” ci sono 11 ottimi, con alcune vette a dir poco entusiasmanti: Danger, American Rebel Death Riders, la titletrack e la fantastica I Ride Alone. Qui l’allegria e il divertimento sono di casa, ma il tiro e la potenza non difettano affatto al trio. Del resto è “solo” punk rock.








Joanna Gruesome


I Joanna Gruesome sono una band gallese di Cardiff apparsa da qualche mese sugli scaffali dei negozi con il primo album Weird Sister, pubblicato dalla Slumberland Records.
Il genere proposto è un esuberante indie pop dagli inconfondibili connotati britannici, irrobustito da schitarrate punk e addolcito dalle voci (una femminile e una maschile) che rincorrono melodie senza soluzione di continuo. Nei 28 minuti del disco c’è tutto quello che serve per divertirsi: pop, punk, lo-fi, anni 80 a volontà, feedback in stile Jesus and Mary Chain, noise, gli assalti sgangherati in stile riot grrrls, shoegaze e molto altro.







Pestilence


Gli olandesi Pestilence di Mameli (Patrick, non Goffredo) dopo la reunion del 2008 non avevano combinato granché di memorabile, sicuramente niente a che vedere con i primi dischi e neanche con il discusso Spheres che chiuse la prima parte della loro carriera con contaminazioni jazz-fusion e ultra tecnicismi vertiginosi.
Il nuovo Obsideo, invece, assesta un bel colpo con una decina di buoni brani tosti, potenti e articolati, all’insegna di un ritorno al passato mai così opportuno. Un ottimo disco death-thrash, suonato come dio comanda.






Hygiene


Gli Hygiene sono un quartetto di Londra con all’attivo svariati EP e un unico album, questo “Public Sector,” pubblicato nel 2011 dall’etichetta indipendente inglese La Vida Es Un Mus (responsabile, tra le altre cose, della pubblicazione dei Belgrado, precedentemente trattati su queste pagine e dei Framtid che troverete più sotto). 
Il disco oggetto di questa breve recensione-presentazione contiene dieci tracce in 25 minuti di urticante punk-post-punk assolutamente originale. L’impasto sonoro è diretto e acido, sospinto da un basso pulsante e una ritmica mai banale, con varie sfumature sperimentali e chitarre dissonanti e aggressive. Così a pelle, possono richiamare lo stesso approccio alla materia da parte di due grandi gruppi come Wire o The Fall, nei loro primi dischi, quelli più legati all’embrione punk. Dal vivo pare che siano una vera forza della natura. Public Sector, invece, ha tutte le caratteristiche di un album che se non entra di diritto nella storia della musica indipendente si potrebbe aprire un procedimento per crimine contro l’umanità.
Da avere a tutti i costi.






Framtid


I Framtid sono una band Crust Punk giapponese attiva dalla fine degli anni 90. Hanno sulle spalle svariati EP, split, compliations, demo su cassetta e due ottimi album: Under The Ashes del 2002 e il nuovo, Defeat of Civilization, pubblicato quest'anno dalla La Vida Es Un Mus per il mercato europeo, dalla Black Water per gli USA e dalla Crust War per il Giappone.
Questo vinile contiene dieci-brani-dieci potenti, devastanti, aspri e carichi di rumore e aggressività, senza alcuna concessione alla melodia. Una bella botta in puro Japan HC style, nonostante gli undici anni trascorsi dal precedente LP.







Soviet Soviet


Un breve cenno per segnalare l'uscita del nuovo disco dei post-punkers italici Soviet Soviet "Fate," ancora in viaggio verso questi lidi. Ma se la band di Pesaro riesce a mantenere le promesse dell'EP "Summer, Jesus" e dei due demo che l'hanno preceduto, potrebbe essere uno dei piatti forti del cenone di natale o di capodanno.







Quest'album mette fine alla vita di stenti e sacrifici del discobolo. In seguito le recensioni (o presunte tali) riprenderanno la forma e consistenza tradizionale, senza bisogno del microscopio.













✝ Nelson "Madiba" Mandela (18 luglio 1918 - 5 dicembre 2013) 



R.I.P.

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